Perché, per chi, purché…
La mia poetica teatrale
Di Chiara Amplo Rella
Credo nel teatro come creativa ricerca di autenticità individuale e come celebrazione collettiva in cui condividere l’essenziale bellezza della vita.
Teatro è un insieme di pratiche creative che si sviluppano attraverso varie fasi di preparazione per arrivare ad un evento spettacolare dal vivo. Nella sua risultante concretizzazione, teatro è dunque evento dal vivo che prevede la compresenza di almeno un attore e di un pubblico. Come evidenziato da artisti e movimenti del Novecento, l’arte teatrale implica un lavoro approfondito dell’attore su sé stesso. Fin dalle sue antichissime origini, inoltre, il teatro è connesso ai temi e all’esperienza del sacro e insieme ai rapporti tra i membri di una comunità.
Da qui prendo le mosse per questa breve presentazione della mia poetica teatrale, cioè delle motivazioni profonde, delle pratiche e degli intenti che animano quella che è la mia vocazione. Con la parola teatro si indicano oggi tante diverse realtà. Per come lo intendo io, il Teatro riguarda la Vita, perché nelle varie fasi della sua pratica possono essere coinvolte tutte le dimensioni dell’umano essere al mondo: la dimensione fisica, corporea, biologica, materiale, la dimensione psicologica, la dimensione relazionale, sociale, politica, la dimensione spirituale e tutte le connessioni tra queste dimensioni.
Quando parlo di ricerca di autenticità individuale, voglio dire che il mio lavoro creativo è per me un’incessante ricerca interiore tesa a riscoprire e poi esprimere la verità del mio essere, nelle sue tante possibilità. Questa ricerca riguarda il corpo, il movimento, la voce, l’emozione, il pensiero e il linguaggio. Per questa ricerca posso servirmi di maschere, di personaggi. Attraverso ogni personaggio che interpreto prende vita una parte di me, più o meno attuale o potenziale, ma comunque reale. È un lavoro di integrazione con il quale aspiro a riscoprire, proprio facendo esperienza di tutte queste diverse e realissime personalità, un’energia che si trova oltre la mia stessa personalità e attinge ad un’identità molto più profonda. E vera.
Tutto questo non potrebbe accadere se non ci fosse il pubblico. L’evento teatrale è per me una celebrazione collettiva. Per quanto una parte consistente e preziosissima del mio lavoro creativo si svolga in completo raccoglimento individuale, il mio teatro comprende almeno un altro attore fondamentale: lo Spettatore. Con lo spettatore condivido, una volta in scena, la mia intima ricerca. È in questa relazione tra me e lo spettatore che si gioca tutto. Ciò che accade in scena riguarda anche lui. Lo spettatore è coinvolto emotivamente e durante lo spettacolo vive, attraverso il mio, un suo movimento interiore, una sua esperienza di ascolto attivo dell’altro e di sé stesso; perché ascoltando me in realtà ascolta sé stesso. Alle questioni poste in scena, lo spettatore risponde a modo suo. Parlando con me stessa, parlo con ogni spettatore e con tutti loro. E le vibrazioni della loro presenza parlano a me. Ciò che più desidero è la loro, la nostra libertà. La libertà di ognuno e di tutti. Per questo ogni volta è diverso. E ogni volta provo verso i miei spettatori una profonda accettazione, un profondo rispetto, una gratitudine immensa, un amore sconfinato. Insieme celebriamo l’essenziale bellezza della vita. Nel nostro procedere quotidiano, tra i tanti problemi, responsabilità, difficoltà e paure (presenti e passate) che incontriamo, siamo capaci di dimenticarci di un fatto essenziale: la vita è bella. Con il teatro piangiamo, ridiamo, ci arrabbiamo…Impariamo a sentire, a vivere ogni emozione e a scoprire che ognuna ha la sua bellezza. Il rito teatrale ci offre la possibilità di andare oltre le nostre stesse abitudini psicologiche e insieme attingere alla semplicità e alla bellezza dell’essenza.
I miei Spettacoli sono monologhi, perché nel Monologo ho trovato la forma di relazione artistica per me più diretta, intensa ed efficace. Per quanto detto sopra a proposito del rapporto con lo spettatore, i miei monologhi hanno un senso fortemente relazionale, collettivo, comunitario. Durante un monologo non mi sento mai sola, perché con me c’è Chiara, c’è lo Spettatore e c’è Altro: c’è Integrazione e c’è Unità. Il mio è Teatro d’Attore, Teatro di Voce e di Parola. Teatro di Poesia. D’attore perché la mia presenza scenica, il mio corpo, la mia voce, il mio spirito sono gli strumenti essenziali del mio lavoro, che ha, si potrebbe dire, un approccio fortemente artigianale. E perché assumo su di me tutte le funzioni principali della creazione teatrale: quella drammaturgica, quella registica e quella attoriale. Intrattengo un rapporto molto vitale con la Letteratura. Spesso i miei testi nascono da un dialogo intenso, rispettoso, creativo con autori e testi letterari, ai quali la mia scrittura va ad intrecciarsi. Non si tratta naturalmente di riferire un testo, ma di interpretarlo. È un processo alchemico che attinge alla tradizione e a certa scrittura per dar voce al presente e al futuro. Con i miei strumenti scenici ed umani, e soprattutto con una pratica artistica della mia voce canto la parola, intesa come luogo di incontro tra emozione, suono e significato. Tre dei miei Spettacoli attualmente disponibili (Il Piccolo Principe. Viaggio in cerca di ascolto; Un, due, tre…Andersen! Favole d’Amore, Verità e Bellezza; Perché la Fantasia) fanno parte di un processo che potrei definire “Trilogia della Favola” e rappresentano sicuramente un certo Teatro di Narrazione. Sono narrazioni interpretative, drammatizzate, teatrali, artistiche. Questi lavori sono legati al mio confronto con il tema dell’infanzia. Sono spettacoli per ragazzi e per adulti. Per ragazzi perché ispirati a testi di letteratura cosiddetta per ragazzi e perché contengono tutti l’elemento del gioco e della fantasia come principali modalità educative. Sono spettacoli per adulti perché attraverso di essi lo spettatore adulto, immerso anche lui nella magia dell’atmosfera, può incontrare il bambino che è in lui (quello che in psicologia viene definito il Bambino Interiore). Ascoltarlo ed ascoltarsi. Per esperienza posso dire che si tratta di spettacoli ideali anche per un pubblico di età mista. Essi svolgono, infatti, anche una forte funzione di incontro intergenerazionale, offrendo spunti interessanti sul rapporto con l'infanzia anche a genitori e a professionisti dell'educazione. Per questi miei lavori ho coniato l’espressione Monologhi Polifonici, perché in essi interpreto una pluralità di personaggi ognuno caratterizzato da una propria fisicità e da una propria voce, integrati a formare un tutto unico la cui motivazione più profonda è sempre l’autenticità. Nella mia Lettura-Spettacolo …Forse s’avessi io l’ale…Cantando Giacomo Leopardi, la materia di partenza è invece prevalentemente poesia (ma non solo). Qui l’uso artistico della voce si esprime soprattutto secondo parametri di musicalità parlata come ritmo, volume e altezza.* Con un linguaggio metaforico e variopinto, tutti questi lavori parlano soprattutto di relazioni: relazione tra realtà e fantasia, relazione tra le diversità, relazione esperienziale con la letteratura attraverso l'espressione scenica, relazione tra adulto e infanzia. In tutti questi casi, al di là del fatto che il lavoro riguardi letteratura in versi o meno, considero il mio un Teatro di Poesia, nel senso di una pratica estetica del linguaggio, di un gioco ardente sul cromatismo dei sui aspetti, che qualora abbia come partitura musicale e semantica le parole, incontra nella vocalità attoriale il migliore strumento. Il mio strumento principe è appunto la Voce. La voce è corpo, suono ed emozione. La voce dà senso. Attraverso l’intensità e il colore della voce, la parola assume un senso diverso.
La mia ricerca artistica è fortemente connessa al mio impegno in campo educativo. Viviamo in una società che troppo spesso ci chiede di fare dimenticando il nostro essere. I miei Progetti di Teatro Educativo intendono dare un contributo al recupero del nesso preziosissimo tra l’azione e il sentire di chi la compie. L’ascolto di sé stessi è alla base di qualsiasi reale azione espressiva e comunicativa. Da questo principio deriva l’articolazione di questi miei percorsi in tre fasi principali tra loro strettamente connesse: un mio Spettacolo con Incontro di Approfondimento a seguire; un Corso in diversi appuntamenti per partecipanti che hanno assistito allo spettacolo; una Condivisione Conclusiva del lavoro svolto dai partecipanti. Non si tratta di imparare a recitare, ma di allenarsi a vivere. Per supportare il processo di crescita integrale di ognuno nel contesto di gruppo, offro un approccio didattico trasversale fondato sul lavoro incrociato su corpo, emozioni, voce e linguaggio. In un’atmosfera accogliente e ludica, i partecipanti vivono quindi percorsi di educazione emotiva, relazionale ed espressiva. Educare, nella sua etimologia latina (ex-ducere) significa trarre fuori. In questo senso mi definisco educatrice teatrale, perché non inserisco nozioni e tecniche sopra una tabula rasa, ma sostengo chi mi sta di fronte nello scoprire e sviluppare le sue proprie potenzialità e i suoi desideri. L’obiettivo principale dei miei percorsi educativi è la crescita umana, non è il risultato scenico. L’estetica è importantissima e si manifesta, perché, insieme agli allievi, con le mie capacità professionali e con tutto il mio cuore, orchestro la bellezza che è già in loro. Questi miei percorsi sono dedicati in particolar modo alla narrazione, all’espressività vocale e all’uso creativo del linguaggio verbale. Saper esprimere e narrare con un linguaggio originale significa poter interpretare e comunicare esperienze, pensieri e sentimenti in modo piacevolmente autentico ed efficace, dando alla propria visione ed alla propria identità la possibilità della condivisione. Per tutti questi motivi il mio lavoro di educazione teatrale ha una valenza individuale, sociale, relazionale, di inclusione e di integrazione multiculturale. Dunque per me il Teatro è anche una missione politica (intendendo con la parola “politica” la cura della comunità): è il mio modo di contribuire concretamente al sogno di una società composta da persone vive e autentiche, capaci di creare la propria felicità e di condividerla. Persone capaci di amarsi e di amare.
Il mio Teatro è Vita. Nei vari aspetti in cui lo pratico (Ricerca Interiore, Creazione Artistica, Evento Scenico condiviso con lo Spettatore ed Educazione) sono coinvolte tutte le dimensioni dell’umano essere al mondo: la dimensione fisica, corporea, biologica, la dimensione materiale, la dimensione psicologica, la dimensione relazionale, sociale, politica, la dimensione estetica, la dimensione spirituale e tutte le connessioni tra queste dimensioni. Potentissima opportunità di indagine, di crescita, di trasformazione!
Perché il mio Teatro? Per amore. Per chi? Per me, per ognuno, per tutti. Purché sia vero.
Bologna, 21 gennaio 2022
Chiara Amplo Rella
* Nota del 23 ottobre 2023:
Nel marzo di quest'anno ha debuttato il mio Spettacolo Benvenuti al CHIÀbaret! Crogiolo di monologhi brillanti. Questa creazione, un susseguirsi di numerosi sketch intrecciati in una cornice narrativa, nasce dal mio forte desiderio di condivisione e di leggerezza durante l'isolamento del 2020 dovuto alla Pandemia Coronavirus. Lo stile comico, con cui affronto tematiche anche molto serie in questo spettacolo, è perfettamente coerente con la totalità della mia ricerca artistica e complementare, per quanto riguarda i miei intenti generali, ai diversi stili che caratterizzano agli altri miei lavori.
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